da il Corriere delle Alpi del 4 Luglio 2009, pagina 12
Nei giorni scorsi la mia attenzione è stata attirata da un manifesto che pubblicizza la quarta edizione della “Festa asburgica” presso la notissima Birreria di Pedavena organizzata dalla locale Pro loco; da buon amatore della bionda bevanda nostrana ho subito apprezzato l’invito ma il mio piacere si è tramutato in incredulità quando ho letto che l’evento viene inquadrato “nel ricordo del cinquecentesimo anniversario della dedizione di Feltre all’Imperatore nel 1509”!
Orbene, delle due l’una: o i bravi organizzatori pedavenesi sadicamente gioiscono della distruzione patita cinque secoli addietro dall’ingombrante città confinante, oppure c’è stato un evidente fraintendimento su cosa sia successo nel 1509 alla Città di Feltre ed a molti altri borghi della Serenissima Repubblica di Venezia.
Festeggiare il ricordo dell’anno 1509 per i feltrini ha lo stesso senso che avrebbe per i cittadini di Hiroshima e Nagasaki organizzare una fiera paesana nel mese di agosto in onore del bombardiere “Enola Gay”.
Non è qui il luogo e questo il modo per tenere una lezione di storia, che peraltro io non sono titolato a fare, ma vorrei solo ricordare, per amore di verità, che nel 1509 la Città di Feltre venne interamente incendiata e praticamente rasa al suolo dalla truppe di Massimiliano I d’Asburgo, Imperatore del S.R.I., alleato alle altre grandi potenze europee contro la Serenissima, rea di avere disturbato gli interessi pontifici con la sua espansione territoriale in terra romagnola.
Feltre, città sempre fedelissima alla Dominante, dovette essere ricostruita praticamente da zero da Venezia che le regalò così quel bellissimo impianto urbanistico ed architettonico che ancor oggi noi possiamo ammirare nel centro storico.
Senza nulla togliere alla fatica degli organizzatori, ai quali auguro un pieno successo, mi preme solamente sottolineare come, anche partendo da episodi come questi, si debba riflettere sulle colpevoli omissioni e mistificazioni operate in tema di cultura storica ed identità del Popolo Veneto da due secoli a questa parte; a nulla valendo i recenti e folkloristici tentativi di piegare la storia della Serenissima a bassi interessi di bottega elettorale.
Un popolo che non ha coscienza della propria storia non ha strumenti per progettare il proprio futuro e si deve accontentare di un presente di “nani e ballerine”; non è quello che si meritano gli eredi di una nazione che per undici secoli ha difeso la propria gente lottando per terra e per mare con gli eserciti più potenti della storia, baluardo della cristianità e contemporaneamente simbolo di libertà ed indipendenza verso tutto e tutti.
Roberto Dal Pan
Centro Studi Identità Veneta
da il Corriere delle Alpi dell’11 Luglio 2009, pagina 26
FELTRE. Sarà anche pura promozione turistica ma la Festa asburgica in programma domani con conclusione in Birreria sta sollevando i pruriti di molti appassionati di storia. Giovanni Perenzin annuncia che domani alle 11,30, mentre a Porta Imperiale ci sarà la cerimonia della consegna delle chiavi della città, sarà deposta una corona d’alloro alla memoria degli oltre 400 capi famiglia feltrini assassinati dai lanzichenecchi asburgici. Perenzin la butta sull’ironia: «Bartolomeo Nani può andare in pensione. All’orizzonte c’è il nuovissimo palio d’Asburgo coi pifferi e i pennacchi del Sud Tirol». Poi si fa serio: «Cantare addirittura un Te Deum in duomo in onore di chi ha prodotto incendi, morte e devastazione è sicuramente una solenne stonatura».
Sul tema interviene anche Roberto Dal Pan del Centro studi identità veneta che argomenta le proprie perplessità riportando stralci dal libro «Memorie istoriche di Feltre», scritto da Antonio Dal Corno, in cui traspare come la dedizione dei feltrini all’imperatore, sia stata l’unica via d’uscita prospettata per evitare guai peggiori.
Ecco un passaggio del libro: «Dopo l’infelice rotta di Gera d’Adda (la battaglia di Agnadello del 17 maggio 1509) ricevuta dai Veneziani per l’armi imperiali, venne a Feltre ad istigazione di Paulo Argenta, l’Araldo di Massimiliano e impose a’ Feltrini, che dovessero ricevere l’imperatore per loro signore, altrimenti avrebbero sperimentato la loro totale rovina. Alla qual domanda intimoriti i medesimi, non avendo forze per resistere a Massimiliano, risposero che non potevano se non con nota d’infamia condiscendere a quanto dalla maestà dell’Imperatore erano ricercati, se prima non davano parte al loro Serenissimo Principe».
Dal Pan riporta un altro passaggio di Dal Corno che spiega come Massimiliano I lasciò la gestione della città al luogotenente Giorgio Puler: «Partito l’imperatore da Feltre, il Puler cominciò a dimostrarsi tiranno con l’imporre gravezze intollerabili, commettendo detestabili violazioni di donne, senza riguardo alla loro condizione e ogni sorte di scellerataggini, del che sdegnati grandemente i Feltrini determinarono sottrarsi dal dominio imperiale».
La cerimonia di domani mattina si sta caricando di significati imprevedibili.
da il Corriere delle Alpi del 14 Luglio 2009, pagina 10
Come sempre seguo sulla stampa giornaliera anche i vari articoli di cronaca locale. Recentemente ho letto con un certo interesse quanto è stato scritto in relazione alla manifestazione asburgica, organizzata per domenica 12 corrente mese. Senza citare nomi di persone viventi, mi piace ora esprimere il mio modesto punto di vista in proposito. La parola “storia”, nella sua esatta accezione, vuole rappresentare l’insieme degli eventi umani, considerati nel loro svolgimento. Ebbene, secondo me, non v’è nulla di male se qualcuno, (o qualche Associazione), desidera rievocare storicamente tali eventi. «La libertà - scrisse il barone di Montesquieu - è il diritto di fare quello che le leggi permettono».
Se si desidera, ad esempio, rievocare il periodo della “Rivoluzione Francese”, oppure la “Spedizione dei Mille”, o, anche ricordare la più recente e dolorosa “Notte di Santa Marina” a Feltre, nessuno lo può vietare, purché vi sia la preventiva autorizzazione di chi di dovere...! E se una libera Associazione, per amore e onore della storia, intende ricordare Massimiliano d’Asburgo (1459 - 1519) e i suoi rapporti con la nostra città, oppure vuole citare il Beato Carlo I d’Asburgo (1887 - 1922), non vedo che male vi sia..! Anche perché, diciamolo pure in senso non propriamente storico, tali rievocazioni incrementano, nelle nostre povere zone, un certo turismo, che si rivela sempre e veramente utile per la comunità...!
Bravi quindi coloro che si danno da fare per organizzare, il più delle volte gratuitamente, delle feste in tal senso. Personalmente mi sento di esprimere loro una sincera lode e, come residente nel Feltrino, anche un sentito ringraziamento, perché portano lustro alla nostra zona.
Questa è, a mio avviso, la vera democrazia. A meno che non si voglia significare che “le libertà sono tutte solidali e non se ne offende una senza offenderle tutte”, come ebbe a dire in Parlamento il noto antifascista Filippo Turati. Oppure non si voglia pensare come il più noto Benito Mussolini, che ebbe a dire: «Ci sono le libertà, ma la libertà non è mai esistita».
(Entrambe le affermazioni sopra riportate risalgono al 15 luglio 1923).
Quei i era...bei ani....! (Il corsivo, ovviamente, l’ ho scritto per scherzo, perché anche gli scherzi, se leciti, fanno parte della democrazia...!) ###
William Faccini
da il Corriere delle Alpi del 15 Luglio 2009, pagina 10
Scrivo a proposito della recente rievocazione storica, svoltasi, a Feltre, per ricordare l’omaggio della città a Massimiliano d’Asburgo, perché l’attenzione mi è stata richiamata dalla lettera del signor William Faccini.
A dire il vero non è tanto la difesa della rievocazione fatta dall’estensore della lettera, che mi ha colpito (anche se ho qualche dubbio sul significato simbolico dell’attuale sindaco, in costume, che consegna le chiavi della città al guerriero nemico) quanto l’ultimo capoverso della lettera. In esso, a commento delle citazioni sulla libertà, contenute nelle righe soprastanti risalenti al 1923 e attribuite, rispettivamente, all’antifascista Turati e al fascista Mussolini, si conclude: “Quei i era...bei ani”, in corsivo, “corsivo...scritto per scherzo, perché anche gli scherzi, se leciti, fanno parte della democrazia”.
Quegli “bei ani” furono gli anni in cui il fascismo cominciò a rivelarsi, per arroganza e violenze, e non si può accettare che vengano definiti tali nemmeno “per scherzo”, né in grassetto né in corsivo.
Giovanni Cappellari - Pedavena
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