da L’Adige del 9 gennaio 2007, pagg. 1 e terzultima
Credo sia interessante aprire una riflessione sulle ragioni del perché sia in gran parte dimenticato il significato della parola Autonomia. Ogni trentino dovrebbe chiedersi: «Che cosa significa per me l’Autonomia?». Ognuno di noi provi a porsi questa domanda. È una questione importante perché da questo concetto derivano molte conseguenze pratiche del nostro vivere quotidiano. Credo però che avremmo seria difficoltà a dare una risposta convincente.
Non è il caso di attribuire responsabilità: mi sembra tuttavia un dato di fatto osservare come nelle nostre scuole, da sempre, la storia dell’Autonomia sia stata ignorata, il che è stupefacente. Noi siamo stati educati, purtroppo, senza il dovuto supporto didattico, storico e culturale. La storia nazionale ha sopraffatto la storia della nostra terra. Questa situazione ha cancellato in molti di noi la consapevolezza della nostra identità. Ma questo non è un alibi per lasciare che la situazione continui a perpetuarsi.
Oggi la conoscenza storica è spesso lasciata al libero arbitrio e alla volontà del singolo individuo: una condizione insufficiente per garantire una consapevolezza diffusa del nostro percorso storico collettivo nel tempo. Anche per questo, al di fuori dei nostri confini regionali e provinciali sta passando - grazie anche a discutibili operazioni politiche ed editoriali - un messaggio che avvelena il significato profondo della nostra istituzione più importante. È un attacco al cuore della nostra Autonomia.
A causa del troppo benessere ci stiamo allontanando dai valori fondanti delle nostre comunità. Rischiamo di incamminarci in un viaggio senza ritorno. L’autonomismo, inteso come espressione di condivisione dell’Autonomia e del suo significato più genuino e profondo, non dovrebbe essere considerato la vocazione di una sola parte politica ma un valore in grado di accomunare tutti i trentini, indipendentemente dall’orientamento ideologico e dai sentimenti di ciascuno. Questo è quanto accade in altre zone d’Europa in situazioni molto simili alla nostra.
Noi vantiamo una storia secolare di gestione e di controllo del nostro territorio. Questa capacità indubbiamente sopravvive ma il cuore dell’Autonomia è indebolito da una carenza culturale e identitaria senza precedenti. A chi, come Stella, ha sostenuto che l’Autonomia è un privilegio ormai superato, mi verrebbe da rispondere, con ironia, che anche la democrazia, secondo alcuni, potrebbe essere un concetto antiquato. Non possiamo lasciare che espressioni come questa passino tranquillamente, senza alcuna reazione significativa e indignata da parte nostra. L’immobilismo può essere letale. Dobbiamo invece dare una risposta forte nei fatti, facendo però anche delle autocritiche.
Perché l’Autonomia pare sia diventata solo un rito materiale, vuoto di contenuti. Siamo tuttavia in una fase cruciale della nostra Storia: dobbiamo decidere se essere sopraffatti da una grigia globalizzazione e quindi vedere il nostro status inesorabilmente annullato, oppure reagire.
L’Autonomia, come dice la parola stessa, è la capacità di autogestione, di fare comunità, di autosostentamento e pianificazione delle proprie risorse. Dobbiamo riscoprire il valore storico di questa parola. La storia stessa dell’A.S.A.R. (Associazione Studi Autonomistici Regionali), una delle più incredibili dimostrazioni di partecipazione collettiva dei trentini alla politica e all’autonomismo, è stata letteralmente affossata, al punto tale che il ricercatore si trova ad indagare questa vicenda con lo stesso livello di difficoltà e incertezza tipico di fatti legati all’antichità piuttosto che all’età contemporanea. Eppure quella dell’A.S.A.R. è una storia che va considerata come fondamentale, pur con tutte le valutazioni politiche e storiografiche di merito, per spiegare la storia del Novecento trentino. Ma questo è solo uno fra i tanti esempi.
Voglio ricordare infine che nella nostra terra vivono tre minoranze linguistiche che custodiscono lingue, culture e tradizioni di valore inestimabile: un patrimonio che non appartiene ai soli ladini, mòcheni e cimbri, ma a tutti i trentini, i quali hanno il diritto e il dovere di salvaguardare un bene tanto prezioso. E le minoranze hanno il diritto e il dovere, come peraltro stanno facendo da sempre, pur tra mille sforzi, di condividere con tutti i trentini il valore aggiunto che essi portano alla cultura di questa terra, giustificando peraltro - in modo decisivo - l’Autonomia provinciale.
Per salvare l’Autonomia occorre un impegno straordinario da parte degli storici e da parte degli amministratori. Gli storici devono studiare e divulgare le radici storiche dell’Autonomia; i politici devono mettere in pratica le strategie concrete perché l’Autonomia diventi un valore diffuso e condiviso. Gli insegnanti, di tutti i livelli scolastici, devono essere motivati, ma soprattutto devono essere forniti loro gli strumenti utili per poter operare con cognizione di causa.
In questa parola - Autonomia - è racchiusa la speranza genuina di un vero Rinascimento delle nostre comunità. L’Autonomia si può e si deve salvare: servono tuttavia precise scelte politiche e culturali.
Dr. Lorenzo Baratter
Storico e Direttore del Centro Documentazione Luserna
© Recuperanti 2009 - stampa la pagina - invia a un amico - |