auf Deutsch
 
aquila
Home
Chi siamo
Dove siamo
Centro Studi Storici Primiero
Museo
Storie
Monumenti
Link
Appuntamenti
Rassegna stampa
Contattaci - Forum
Contattaci - Forum
Malaman design

Spazio offerto da
JLB Books s.a.s.

 


Storie

Una “memoria negata” per troppo tempo

I militari trentini morti nell’“inutile strage” (1914-1918)

da Strenna 2008 pagg. 210 e 211

articolo

Benché la Grande Guerra sia terminata quasi novant’anni fa, non sappiamo ancora quanti siano stati i militari trentini morti nel corso della stessa. La cifra di 10.501 morti, fra i circa 55.000 arruolati e militarizzati nell’esercito austro-ungarico, è un dato forzatamente approssimativo. Esso, infatti, è scaturito principalmente dalla lettura, effettuata una decina d’anni fa, degli elenchi dei morti incisi sui cosiddetti "monumenti ai caduti" eretti in moltissimi paesi trentini. Certamente un conteggio più preciso di quei morti sarebbe stato più facile negli anni a ridosso della guerra, ma ciò, in un Trentino inserito nel nesso statuale dei vincitori, fu esplicitamente proibito a chi si accingeva a farlo. Tale calcolo infatti, per la sua valenza politica e ideologica - il conteggio dei morti in guerra, infatti, ha lo scopo, sia per i vinti sia per i vincitori, di quantificare il sacrificio sostenuto dalla comunità per il raggiungimento di quegli “ideali” per i quali la guerra era stata fatta - avrebbe potuto offuscare l’immagine di un Trentino irredentista che i vincitori ex-irredentisti andavano plasmando e avrebbe quindi impedito a “una memoria”, quella dei vincitori, di diventare - come in effetti è avvenuto per parecchi decenni - “la memoria” del Trentino. È principalmente per questo motivo che la documentazione archivistica relativa a quei morti è carente, incompleta, se non distrutta.

targa Mezzano

Nemmeno dalle Liste delle perdite (feriti, morti, dispersi, prigionieri) edite, per tutta la durata del conflitto, dall’Imperiale e Regio Ministero della guerra (anche la Croce rossa austriaca e quella internazionale pubblicarono liste simili) ci può venire un aiuto concreto per il conteggio. Esse, infatti, a causa delle difficoltà a cui avveniva il rilevamento dei dati, presentano sostanziosi difetti: lacune, dati errati, strafalcioni nella trascrizione di nomi e cognomi, omissione del luogo d’origine del “perso”.
Una qualche utilità, ma pur sempre limitatissima, ci può venire dai nominativi pubblicati sul “Trentino”, giornale diretto da Degasperi, ricavate, previa interpretazione curata dal “Segretariato per i richiamati” che era sorto all’inizio della guerra in seno all’Associazione degli Universitari Cattolici Trentini, dalle diverse Liste delle perdite disponibili.
Poco prima della fine del conflitto Wilhelm Winkler, responsabile dell’Ufficio statistica dell’esercito austriaco, aveva calcolato le perdite subite dall’esercito imperiale. Secondo questa fonte il Trentino aveva lamentato la perdita di 7.449 persone (cifra in seguito arrotondata in 8.000).
Con la fine della guerra la situazione politica per il Trentino e il vicino Sud Tirolo cambiò radicalmente: alla dominazione austriaca subentrò la dominazione dei vincitori italiani. In breve finì che i Trentini morti dalla parte “sbagliata”, finirono nella spazzatura della storia, come può testimoniare la vicenda dell’Albo d’onore del Tirolo (“Das Tiroler Ehrenbuch”), Monumento a Mezzanoun’iniziativa avviata ancora nel 1916 dall’Amministrazione provinciale del Tirolo col fine di raccogliere i nomi di “tutti gli eroi tirolesi caduti sul campo dell’onore”. Nel febbraio 1920 la suddetta Amministrazione, per completare l’opera, chiese la collaborazione di un primo gruppo di comuni trentini che per lo più risposero positivamente spedendo gli elenchi dei “combattenti morti sul campo di battaglia nella cessata guerra sotto la defunta Austria”, come si espresse il sindaco di nota Stramentizzo (*). Ci fu anche, però, come il sindaco di Levico, chi si rifiutò di inviare l’elenco richiesto poiché non riteneva indicato «l’inscrizione in un libro d’onore tirolese dei soldati di Levico morti per una causa che non era certo la loro, inscrizione poco corrispondente alla memoria di tanti di essi». Quando, poi, nel giugno dell’anno successivo venne inoltrata la medesima richiesta ad altri comuni l’autorità politica bloccò l’iniziativa con un ridicolo pretesto: «Non è ammissibile una corrispondenza diretta dei comuni di questa provincia con un’autorità estera in affari militari».
E così, come avviene dopo ogni guerra, la memoria dei vinti fu incamerata come bottino di guerra dal vincitori, e sui Trentini morti in guerra con l’uniforme austro-ungarica scese il silenzio e la mistificazione, se non la condanna, come quella dei podestà di Mori il quale, per giustificare il tortissimo ritardo nella realizzazione del monumento dedicato ai morti in guerra nonostante fossero disponibili per esso oltre 20.000 lire - un capitale! - rammentò che gli stessi «sia pur quali inconsci strumenti, hanno brandito le armi contro la patria».
A causa, quindi, del silenzio delle fonti archivistiche, l’unico strumento disponibile per calcolare perdite sono stati gli elenchi dei morti scolpiti sui monumenti. Dalla lettura critica di tali fonti ho ricavato il dato complessivo di 10.501 trentini morti, la metà dei quali ancora nei primi due anni di guerra, corrispondente al 28,7 ‰ della popolazione trentina. I piccoli paesi di periferia e le zone economicamente più disagiate, rispetto ai centri più popolati o al “ricco” fondovalle, lamentarono le perdite maggiori.

Cartolina

A questi morti vanno aggiunti quei Trentini che, dopo aver disertato, morirono con l’uniforme dell’esercito italiano. I dati in proposito risultano pesantemente falsificati a causa dei criteri molto particolari impiegati dalla link Legione Trentina, l’Associazione dei volontari trentini, per la compilazione degli elenchi. Così i circa 250/300 arruolati nell’esercito italiano divennero 750 e i volontari caduti passarono da poco più di 40 a 132.
Detta Associazione, quindi, irritata per gli onori tributati dai trentini ai morti con l’uniforme austriaca, invocò l’intervento censorio dell’autorità reclamando l’uso delle piazze esclusivamente per i monumenti dedicati ai volontari “caduti”. Nel 1923, quindi, furono emanate dal prefetto di Trento le norme tassative a cui le comunità dovevano attenersi se volevano avere il permesso di erigere un ricordo per i loro caduti: il monumento doveva sorgere esclusivamente nei cimiteri; doveva essere povero, meglio una semplice lapide; l’epigrafe su di esso scolpita doveva obbligatoriamente celebrare la “redenzione”; fu proibito il termine “caduti” in quanto esso «[destava] il concetto di morti per la patria».
A causa di queste limitazioni la stagione monumentalistica si spense in breve tempo lasciando in vita forme mimetizzate di monumento: campane, altari, dipinti, tabernacoli, portali di chiese, cantorie d’organo. Nei maggiori centri valligiani, poi, come a Cles, Levico, Riva, Rovereto, Trento, non fu eretto alcun monumento per i morti dell’esercito sconfitto anche se erano stati raccolti i fondi necessari perla sua realizzazione.

Aldo Morelli


nota La lapide di Marco



Precedente Torna su Prossima

 

 

 

© Recuperanti 2009 - stampa stampa la pagina - invia a un amico invia a un amico -