La ricerca dell’Associazione Storico Culturale “I Recuperanti” su quanto accadde ai nostri nonni soldati nella Grande Guerra 1914-1918 continua e sta producendo risultati interessanti.
Qui proponiamo un piccolo stralcio del racconto che Maria Romagna classe 1922 ricorda di quanto il padre e la madre erano usi raccontare di quel triste periodo.
«Mi ricordo che mio padre finché era vivo ci raccontava sempre il giorno di Natale la sua odissea di guerra che passò in quel giorno e a Santo Stefano l’anno 1914. Mio padre era nato nel febbraio del 1893, l’Austria nel 1914 dichiarò la guerra alla Russia perciò il 2 agosto fece la mobilitazione, sicchè tutti gli uomini validi vennero richiamati... Quelli del Primiero dovevano radunarsi tutti a Fiera, in questo giorno la gente era tutta in subbuglio, una vera disperazione, in quel tempo le famiglie erano sui masi, chi in malga, o occupati in altri lavori, dovettero piantare tutto lasciare la famiglia, figli e genitori e venire in paese a cambiarsi e prendere soldi e qualche cosa da mangiare... inviati alla volta di San Martino mentre passavano di li le cameriere affacciate alle finestre con fazzoletti bianchi in mano li salutavano...
...mio padre aveva altri due fratelli richiamati in quei giorni, Ernesto (1) ed Angelo, il quarto fratello Silvio della classe del 1900 lo richiamarono quasi alla fine della guerra ma gli bastò perchè dopo essere tornato a casa assieme a tanti altri li reclutarono di nuovo... e li deportarono a Isernia (2). Là in Isernia li tenevano come dei prigionieri, fame, sete, freddo, pidocchi.
Era sempre il giorno di Natale e alla sera dovevano coricarsi nella buca mezza trincea, erano sette i compagni che si trovavano con mio padre tutti trentini, prima di adagiarsi nella buca per dormire si misero d’accordo che alla mattina quando facevano la sveglia sarebbero stati là sotto zitti senza muoversi perché sapevano che dovevano andare alla battaglia. Sopra la buca mentre dormivano avevano messo un telo per ripararsi dal freddo, la mattina seguente sul telo c’era della neve che era caduta durante la notte. Venne l’ora della sveglia e di alzarsi, tutti scattarono come una molla... questi poveri soldati si misero in cammino su per la collina e lì si fermarono, era il giorno di Santo Stefano 1914. Sulla collina vi erano molti faggi con erba molto alta, al momento sembrava una gran quiete, poi sentirono qualche sparo provenire dalla parte opposta dove erano accampati i russi... le pallottole venivano sempre più fitte, mio padre si era riparato dietro un faggio, sembrava il finimondo, vide cadere tutti i suoi compagni e i feriti gridavano “Mamma, mamma mia non ti vedrò più”... rimase là in mezzo al fragore delle cannonate, ai feriti che piangevano e urlavano, lui era la fermo con una pallottola in una spalla ed una nella gamba...tutto ad un tratto il fuoco cessò, ritornò la quiete, ma c’erano i feriti che gridavano e imploravano aiuto, pure una distesa di morti... Mio padre si guardò un po’ intorno, nessuno si muoveva, lui pure non si muoveva, aveva un gran dolore alla spalla: la pallottola la traforò, mentre quella nella gamba gli restò là finche visse. Fu fatto prigioniero dai russi. La rimase per due anni, patirono tanta fame e tanto freddo, pieni di pidocchi, mangiavano solo un po’ di minestra lunga, fatta con cavoli e patate che da noi qui stiani passati la chiamavano “pestrin”. Inventarono perfino una storiella sul pidocchio che dice così:
O pidocchio Galiziano
o fedele mio compagno,
giorno e notte io ti sento,
non mi lasci un sol momento,
sempre a spasso te ne vai,
per il petto e per la schiena,
vuoi aver la pancia piena.
Verso primavera vi erano grandi estensioni di frumento e i grossi contadini addoperavano manodopera e chiesero prigionieri per lavorare i campi... e fra questi presero anche mio padre, egli era di una corporatura abbastanza robusta, ma nell’inverno passato in caserma le forze gli erano un po’ diminuite e pure la vista, ma almeno erano fuori dalla caserma, dovevano lavorare ma mangiavano un po’ di più; c’era il pane, c’era il pollame, la bevanda era il the. Dopo un po’ di tempo riprese la vista e anche le forze, ma finita la stagione dei campi dovette ritornare in caserma e passo’ di nuovo un inverno di fame e di stenti. Per due estati lavorò per i contadini. Nell’autunno tornò in caserma, ma un giorno arrivò una lettera, veniva dall’Italia, era il messaggio per tutti i prigionieri Trentini e diceva così:
Tutti i prigionieri Trentini se vogliono optare per l’Italia, veniamo a prenderli e gli portiamo in Piemonte dove non c’è il fronte.
La maggior parte accettarono, meno qualcuno, non sapevano se facevano bene o male, non sapevano a cosa andavano incontro, sarebbero stati dei disertori, sarebbero stati dei..., traditori della patria, pensando a come erano trattati là in Russia ... partirono. Attraversarono tutta la Russia e lassù al porto di mare c’era pronta una nave italiana e su quella si imbarcarono tutti, dovevano fare tutto il giro sul Mare del Nord e gli portarono in Francia, undici giorni di navigazione, vi fu anche il mare in tempesta in questa traversata, una giornata terribile, la nave minacciò di affondare... Dalla Francia li portarono in Piemonte dove vennero sistemati in una caserma. Da li sono andati dai contadini che tenevano grosse tenute, come operai agricoli... da la mio padre pote mettersi in comunicazione con la famiglia...
Quattro fratelli Romagna furono chiamati in guerra, ma nonostante tutte le peripezie che hanno passato sono tornati tutti a casa, erano tutti e quattro Kaiserjäger, Giacomo, mio padre, combatté sul fronte russo, Angelo combatté sul Carso e sull’Isonzo, Ernesto anche lui su quei fronti, ma dopo lo mandarono sul Monte Grappa e la combatté i due ultimi anni di guerra.
Patirono tanta fame e tanti stenti sempre sotto un rigido comando, cosi era la guerra... Era il 1918, il 4 novembre, quando i primi italiani entrarono in Primiero la gente era molto stanca di una guerra che durò quattro anni, ma le famiglie più provate furono quelle di coloro che non tornarono più... Come non bastasse, il 1918 portò anche una brutta pestilenza: la febbre della “Spagnola” era molto contagiosa, la portarono molti soldati tornati dalla guerra, ma qui in paese era cominciata anche prima. Un Kaiserjäger che tornava dalla guerra, quando fu tra Mezzano e Imer, sentì suonare un’agonia a Mezzano, questo soldato era il “Tita dei Moneghi”, quando arrivò a casa trovò la moglie morta mentre le stavano suonando l’agonia. Aveva due figli. La gente qui nella valle è sempre stata in mezzo ai fronti, ha dovuto patire, due volte hanno ricevuto l’ordine di partire, sfollare i paesi... ha sofferto molto...
Partire non partire, ordini e contrordini, qui in paese sono morti anche bambini maneggiando delle bombe che i militari lasciarono disperse in giro per le strade. Tre erano fratelli “Carloi” e proprio sotto la loro casa si erano messi a giocare con una bomba che la avevano trovato per terra, questa gli scoppio fra le mani e rimasero tutti e tre sfracellati. Altri tre erano fuori ai Roai, pure loro giocavano con delle bombe che avevano trovato lungo il rivo e anche qui una scoppiò e perirono tutti e tre. Con le munizioni abbandonate dappertutto furono più di uno anche i feriti...».
L’Associazione ringrazia la signora Maria per questa bella e interessante testimonianza, che ci dà fiducia e coraggio per continuare la ricerca, e di ben commemorare i nostri amati nonni, soldati di un esercito di cui non si può perdere la memoria, e del quale le giovani generazioni devono conoscerne le gesta. Dalle pagine di “Mezzano in-forma” vogliamo dare notizia che già è operante il Sito Internet www.recuperanti.it, nel quale si potranno trovare notizie di interesse storico riguardanti la Grande Guerra 1914-1918, specialmente per quanto riguarda il Primiero e la Galizia. Questo può essere un altro modo per poterci contattare e dare notizie sulle vicende che avvennero a Primiero. Momento importante di questa estate sarà la cerimonia commemorativa dei nostri soldati e vittime civili, eroi Tirolesi, di domenica 11 Luglio 2004, nonché la Santa Messa che dalla nostra fondazione si celebra a Punta Ces per i caduti del Colbricòn con la gita sociale d’autunno.
Il Presidente
Ilario Simion
(1) Vd. “Così, senza pretese”
Vol.I pag.129 di Luciano Brunet
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(2) Vd. “Uomini e giorni da ricordare”
da pag.65 a pag.68 di Floriano Nicolao
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Pubblicato su “Mezzano in-forma ”, anno 3 n° 1
pagg. 20-21, del Giugno 2004
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