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Storie


Il tirolo italiano
non fu solo Katzenau

da L’Adige del 10 febbraio 2009, pagg. 1 e 46

Scrivo a proposito delle “polemiche” di cui ho letto in questi giorni in seguito alla richiesta di “status di antica popolazione austriaca” per il Trentino, espressa dal Circolo Michael Gaismayr di Trento, quale “riconoscimento della specificità storica, geografica, politica e identitaria delle due Provincie Autonome di Trento e di Bolzano”, al fine di vincolare Austria ed Italia alla “promozione della collaborazione transfrontaliera e alla sottoscrizione di protocolli di intesa o di clausole di tutela della popolazioni residenti entro i territori menzionati”.
Vedo che tra coloro che si oppongono fermamente a questo progetto si riporta il caso di Katzenau, ovvero del luogo in cui furono imprigionati i trentini considerati filo-italiani dagli austriaci durante il primo conflitto mondiale. Questi “internati” furono circa 2.000, anche se spesso si confonde la loro situazione con quella – assai diversa, nel numero e nella sostanza –  della moltitudine di coloro che furono allontanati dal Trentino non per ragioni politiche ma quali “profughi”, in quanto residenti in zone a rischio, vicine al fronte (fu il caso di circa 110.000 trentini). Già questa distinzione è importante e doverosa per non ingenerare confusione e/o mistificazione.  Non va inoltre dimenticato, per quanto scontato, che tutti questi accadimenti furono conseguenza della dichiarazione di guerra italiana contro l’Austria e non viceversa.

Trentini a Katzenau (da trentinocultura.net)

Trentini a Katzenau

La maggior parte di questi 110.000 profughi trentini fu trasferita in altri luoghi dell’Impero austro-ungarico – di cui erano sudditi – lontano dalle prime linee. Altri, pur in misura nettamente minore, finirono in varie città del Regno d’Italia. Infatti alcuni paesi del Trentino vennero occupati, ancora nel 1915, da truppe italiane: ne conseguì che alcune migliaia di persone finirono in varie città della penisola. I documenti e le testimonianze ci raccontano del clima di pesante ostilità e di sospetto con cui questi “italiani d’Austria” furono accolti nel Belpaese.
Tutto questo per dire che limitarsi a sintetizzare l’esperienza secolare di appartenenza del Trentino al mondo asburgico e mitteleuropeo nel pur tristissimo “episodio” di Katzenau, è quantomeno scorretto. La vicenda dei Trentini quali Tirolesi nell’Impero austro-ungarico non deve essere né ignorata né sottovalutata: a prescindere dal fatto che essa fu tutt’altro che un’esperienza breve o circoscritta, va detto che contribuì in modo decisivo anche alla formazione di una cultura e di un’identità qual è (o almeno è stata fino a tempi relativamente recenti) quella trentina-tirolese. Non dimentichiamo, infine, che stiamo parlando di un’appartenenza conclusasi “solo” novant’anni fa: per essere concreto voglio ricordare che esistono ancora in vita numerosi trentini che alla nascita furono iscritti nelle anagrafi austriache, le stesse nelle quali in precedenza erano stati iscritti i loro genitori.
Certo, ricordare Katzenau è più che doveroso, come è doverosa ogni operazione, purché onesta e disinteressata, finalizzata a dare un quadro completo e sincero della Storia. Ma se questo fatto viene citato solo per delegittimare l’esperienza storica del Tirolo Meridionale, allora si è altrettanto legittimati a ricordare quale fu, per lunghi decenni, l’Italia che conobbero i Trentini e i Sudtirolesi una volta annessi al Regno d’Italia, dal 1919 in poi.
Fu un’Italia monarchica e fascista che umiliò in ogni modo centinaia di migliaia di persone di lingua tedesca residenti nell’allora Venezia Tridentina. Che in Trentino riuscì a cancellare un patrimonio di autogestione comunale, di autogoverno e di cooperazione costruito nei secoli con pazienza e concretizzatosi durante il periodo del governo austriaco. Quell’Italia, come oggi viene da tutti riconosciuto, portò all’imposizione di un sistema centralistico e statalista che fu talmente inviso dai Trentini da giustificare - a partire dal maggio 1945 - quell’adesione di massa delle nostre genti agli ideali di Autonomia, di cui il Movimento politico ASAR fu il massimo interprete.

Manifestazione dell'Asar a Trento

Una manifestazione a Trento dell’ASAR

Molto lentamente arrivò dunque l’Italia democratica, pur coi suoi limiti e con le sue perenni contraddizioni che tutt’oggi, purtroppo, permangono. Potremmo parlare e scrivere per ore di questo, senza correre il rischio di riaprire ferite o divisioni, come mi pare sia stato evocato. Al contrario, ritengo che riflettere sul nostro passato sia utile proprio per disinnescare e superare quelle tensioni e quelle divisioni che sopravvivono ancora oggi “grazie” anche ad un passato in cui si è fatto un uso ed abuso scolastico della storia, impregnata di nazionalismo, fondata sulla perpetuazione di miti artificiosi, in spregio della storia secolare di questa terra e delle sue relazioni, fondamentali, anche con l’area tedesca.
Tutto questo per dire che limitarsi a sintetizzare l’esperienza del Trentino sotto l’Austria nei fatti di Katzenau significa null’altro che lanciare degli slogan. Tutto ciò è indubbiamente ingiusto e riduttivo e, a mio avviso, non rispecchia affatto l’alto spessore umano e morale di chi ha pronunciato queste parole. Non vedo nulla di male nella richiesta del circolo Gaismayr, di cui conosco e riconosco l’onesto impegno nel recupero di capitoli di storia locale rimossi e trascurati anche a causa del nazionalismo italiano. Non vedo in questo modus operandi nessuna “nostalgia pantirolese”, bensì la capacità di avere “larghe vedute” e di riannodare importanti fili della memoria collettiva trentina tirolese.
Quanto agli Alpini trentini, che attraverso i suoi vertici si sono ufficialmente e fermamente opposti alla proposta del Circolo Gaismayr, credo nessuno possa pretendere che le “penne nere” decidano di indossare le divise delle compagnie di Scizzeri. Bisogna altresì riconoscere e dare merito agli Alpini trentini l’impegno straordinario dimostrato in questi anni per costruire una reale e concreta articoloamicizia con quelli che un tempo furono gli avversari nel conflitto mondiale, il primo del Novecento, che lasciò dolore e miseria tali da creare i presupposti per un secondo conflitto. Vedere gli Alpini adoperarsi per la costruzione di una fratellanza e di un’amicizia concreta tra i popoli, nonché nel volontariato e in numerose operazioni umanitarie, fa certamente onore a questo corpo che purtroppo - in altri momenti storici - è stato coinvolto suo malgrado (penso alle campagne militari all’inizio degli anni Quaranta nei Balcani o in Russia) nell’occupazione e nella violenta repressione contro popoli sovrani.
Anche queste sono ferite aperte. Tragedie che ancora oggi disonorano il nostro Paese, rievocando un senso di miseria, di morte e di dolore che segnò profondamente anche le giovani generazioni di Trentini e le loro famiglie. Mi pare che questo stesso giornale, anche attraverso alcune testimonianze pubblicate nei giorni scorsi, abbia reso un servizio doveroso per rendere il senso della follia di quanto compiuto in Europa dal nazismo e dal fascismo contro i civili ma anche a danno della stessa moltitudine di soldati italiani (Alpini compresi) mandati letteralmente al macello, dalla Grecia a Stalingrado o internati nei Lager tedeschi in seguito alla scellerata gestione dell’armistizio di Cassibile.
Quando finalmente si saranno assopiti del tutto i vecchi rancori e quando l’“amor di Patria” avrà perso ogni venatura nazionalista, orientandosi alla visione di un Trentino principalmente “europeo”, allora si potrà ragionare con equilibrio e serenità senza avere alcuna paura di riconoscere come preziose e irrinunciabili tutte le componenti del DNA storico, culturale e istituzionale della nostra terra trentina.

Articolo

Dr. Lorenzo Baratter
baratter

Storico e Direttore del Centro Documentazione Luserna
lorenzo.baratter@lusern.it
www.lusern.it


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