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Storie


basta con l’ITALIANIZZAZIONE
della storia

9 gennaio 2010 - Un lettore di “Strenna Trentina” scrive una lettera aperta al giornale e Lorenzo Baratter, in copia alal mail, prende spunto per una riflessione.

Egregi signori,

Sono lettore della Strenna trentina. Mi chiamo Antonio e sono nato a Trento, di famiglia trentina. Io vorrei con questa mail fare alcuni commenti perché sento che la vostra rivista (e nostra perché la leggo anche io) non tratta di alcuni eventi importanti della storia trentina...
Non voglio dire con molte parole la mia opinione: sento vergogna da quando leggo articoli di tendenza italianizzante. So che è un po’ antico parlare così, “italiazzante”, ma so che potete capirmi.
Molti degli articoli parlano di un Trentino che semplicemente non c’è. Un Trentino di contadini amanti di una Italia eroica, gente che ha vissuto sotto un’Austria terribile... scusate la mia sincerità, ma questi articoli che devono essere racconti di storia non sembrano niente più di opinioni personali.
L’articolo di Federico Demartin su Federico Guella, quello di Armando Vadagnini su Enrico Conci, o quello di Luciano Imperadori sull’Autonomia Trentina e la cooperazione parlano di un Trentino fortemente irredentista. Tutti lo sanno: così non era e così non è.
Mettere belli poemi nei nostri dialetti assime a questi articoli tendenziosi è veramente triste, ma pensate che sono suficienti per fare credere che così gli articoli ripresentano più veramente l’anima e la storia del Trentino? Penso veramente di no.
Giuseppina NegrelliLa parola “Tirolo” per riferirsi alla nostra storia sempra proibita. Quell’articolo “Piccolo prologo alle rievocazioni hoferiane” è - scusate - il peggiore! È come dire che le comemorazioni hoferiane sono uno stupido errore. Non ho letto mai qualche articolo su Bernardino Dalponte, Giuseppina Negrelli, Michele Giacomelli e tantissimi Tirolesi Italiani, fedeli al suo Tirolo (che ci fu tolto nel nome e pensate voi, anche nella mentalità).
10.000 Kaiserjager trentini caduti sono pochi per l’italianità di alcuni trentini?  
Non conoscete voi, signori, la storia trentina? Non sapete che il proprio De Gaspari diceva a tutti quanti che il quasi 90% dei trentini non si sentivano italiani?
Per favore, non voglio scrivere più e neanche so se riceverò qualche risposta.

Saluto tirolese.

Antonio Demattio, Trento.


Caro Sig. Demattio,

leggo solo per conoscenza la Sua lettera e la ringrazio per avermi informato di questa cosa. Mi sento in dovere di intervenire in quanto questi argomenti mi stanno molto a cuore.
Purtroppo - causa le mie sempre numerose letture e i notevoli impegni professionali - non sono riuscito a vedere la nuova edizione della “Strenna Trentina”.
Pertanto non conosco gli articoli cui Lei fa riferimento (a dire la verità non conosco nemmeno gli Autori menzionati) e, dunque, non posso per il momento esprimere alcun giudizio su cose che non ho letto. Di certo andrò a leggere le parti da Lei segnalate, molto volentieri.

Per tutto il resto, circa il giudizio generale sulle cose, condivido molto di quello che dice. Siamo reduci da novant’anni di storia in cui si è tentato in ogni modo di operare secondo le linee di quella che ancora gli antichi chiamavano “damnatio memoriae”, ovvero la volontà di cancellare (e denigrare) la storia di coloro che prima dell’Italia hanno governato questa terra. Spesso, mi spiace dirlo, anche con la complicità e la disonestà intellettuale di molti storici.

La storia secolare della nostra terra anche nel contesto mitteleuropeo e tirolese è ancora tutta da scrivere. Il giorno in cui questa storia sarà scritta in modo completo ed esaustivo, scevra da riletture ideologiche di qualsiasi provenienza, ci sarà modo di ristabilire molte verità oggi ancora in parte negate e offuscate dallo spirito nazionalista italiano.

Il nazionalismo, da qualunque parte esso provenga, è per me un termine negativo, che esprime una visione superata e pericolosa delle cose. Oggi è finalmente la stagione dell’Europa e non delle vecchie Nazioni che tanto danno hanno causato; ci auguriamo pertanto che il futuro riservi a noi e ai nostri figli un’Europa federale delle Regioni, capace di riaggregare - come appunto nel caso dell’Euregio - popoli che condividono storie, identità, sentimenti comuni, in uno spirito di apertura e dialogo con ogni altro popolo e non di sopraffazione.

Verrà pertanto il giorno in cui, parafrasando quel grande pensatore che fu Valentino Chiocchetti, la storia di questa nostra terra sarà riconosciuta in tutte le sue componenti. E la componente tirolese, il legame con il mondo mitteleuropeo, non è certo meno forte di quello “italico”. Anzi.

Vede, io da molto tempo ho smesso di arrabbiarmi. Credo piuttosto che sia utile impegnarsi, ciascuno di noi, sia chi fa lo storico di professione sia chi lo fa per passione ma anche come semplici cittadini, per aiutare la nostra società trentina a recuperare tutte le sue radici storiche, identitarie, culturali.

Certo, non mancano e non mancheranno coloro che continueranno a riproporre ricostruzioni poco credibili della nostra storia, o fortemente ideologizzate in chiave nazionalista - potrei farle molti esempi attuali anch’io - tuttavia mi pare che il vento stia cambiando e la nostra gente, senza fretta ma con la ferma determinazione tipica della gente di montagna, si stia lentamente riappropriando di tante pagine di storia e di memoria un tempo relegate nell’oblio.

Solo qualche anno fa si era guardati con sospetto e rabbia per il semplice fatto di pretendere un ricordo degli oltre 11.000 nostri caduti in divisa austriaca. Che non hanno hanno vestito le loro divise, come alcuni “storici” vogliono ancora farci credere, contro i loro sentimenti; certo, non sono partiti volentieri per la guerra, ma erano e si sentivano austriaci e non italiani.

Io sono orgoglioso di avere lottato perché questa parte di memoria non fosse dimenticata. E ci sono altri angoli bui che nei prossimi anni dovranno essere messi in luce; ho delle idee interessanti in proposito. Magari andando ad indagare sul “sangue dei vinti” a fine guerra, su come gli occupanti italiani trattarono i nostri reduci trentini che rientravano nella loro Heimat annessa dai Savoia... Se si vuole raccontare una storia bisogna raccontarla tutta.

E mai avrei pensato che solo pochi anni dopo - è cronaca di questi giorni - questi caduti dimenticati sarebbero stati finalmente ricordati e onorati attraverso una serie di manifestazioni istituzionali di grande rilievo. E’ importante che in queste occasioni ci sia una grande partecipazione anche da parte della nostra gente, per testimoniare il nostro desiderio di essere partecipi della nostra storia (di tutta la nostra storia).
A Trento il giorno 31 gennaio, al mattino, è prevista una commemorazione istituzionale di grande rilievo, la realizzazione di un “Memoriale”, mostre fotografiche sulla guerra in Galizia e soprattutto, il 7 febbraio, dalle ore 9 alle ore 17 saranno ricordati uno per uno, per voce dei rappresentanti istituzionali locali, i nomi dei caduti di ciascun Comune trentino.

Guardiamo dunque, caro sig. Demattio, con fiducia e serenità al futuro, considerando una legge storica inevitabile e irreversibile che mi pare a molti sfugga: prima o dopo la verità storica, anche quando è completamente cancellata, viene ristabilita, nonostante le forzature, le manomissioni, la denigrazione operata dai vari potenti di turno e dalle classi intellettuali compiacenti. A questa legge non sfugge nulla.

Un caro e cordiale saluto, con sincera Amicizia Suo

Dr. Lorenzo Baratter
baratter

Storico e Direttore del Centro Documentazione Luserna



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