da Il Gazzettino del 14 dicembre 2000, pag. 9
MASERADA - «Il Piave non dimentica mai i suoi caduti»: fedele a questo motto, in un ramo tra Maserada e Candelù, il fiume Sacro alla Patria ha fatto riemergere le spoglie pressoché complete di un ignoto milite austriaco della Grande Guerra. L’eccezionalità della scoperta è legata a molteplici fattori: la straordinaria quantità e qualità del materiale rinvenuto, il sito dei ritrovamenti localizzato nel bel mezzo del greto del fiume sotto le poco placide acque delle recenti piene, lo stato conservativo del cadavere. Lo scheletro osseo si presenta quasi integro: entrambi gli omeri, i femori, il bacino, la scatola cranica, la mandibola e i denti fanno supporre, secondo anche le perizie mediche, che il soldato austro ungarico fosse poco più che ventenne e di robusta costituzione.
Addosso e appallottolati a fianco del corpo, una lunga serie di oggetti personali: una boccetta di medicinali, un calamaio, un pezzo di matita, un rosario, 2 scellini del 1912, il vetro dell’orologio e vari bottoni della giubba e della camicia di chiara fattura teutonica. E ancora una baionetta, la fibbia metallica del cinturone e parti del cuoio e una medaglia d’oro al valor militare con la dicitura latina del principe Carlo.
Ma il ritrovamento più interessante è la medaglietta “protettiva” con l’effige dì Sant’Alfonso, uno dei carat-teristici “portafortuna” donati di solito da madri o fidanzate a chi si accingeva a partire per il fronte. Data la zona di rinvenimento la morte del milite risalirebbe al giugno del 1918, quando le truppe tedesche tentarono l’ultimo assalto alla riva destra del fiume.
Ciò che è più curioso notare è come il Piave abbia ridato alla luce le spoglie di questo soldato dopo oltre 80 anni: con ogni probabilità il corpo è rimasto imbrigliato sottacqua per uno sbarramento di filo spinato, e qui sarebbe stato sepolto e conservato grazie a vari sedimenti stratificati dì limo, argilla e sabbia, che lo hanno inumato e sigillato per ben 82 anni.
L’incredibile scoperta è avvenuta per mano di Roberto e Michele Gemionite (padre e figlio): non “rambo del metal detector”, bensì 2 appassionati cultori del Piave e delle vicende storico umane ad esso legate, Tant’è che dopo aver segnalato la scoperta del cadavere, lo hanno messo a disposizione del Comune affinché sia tumulato nel cimitero cittadino a fianco dei caduti italiani. Perché, dicono, sull’altare della guerra e della morte, anche il nemico merita ugual rispetto e dignità dei nostri Eroi.
Antonio Merlo
da Il Gazzettino del 21 dicembre 2000, pag. 24
Sono un appassionato di storia del primo conflitto mondiale, e mi permetto di far notare alcune imperfezioni apparse nell’articolo sotto il titolo “Fante austriaco riaffiora dal Piave”, a pagina 9 del quotidiano nazionale del 14 dicembre scorso.
La didascalia della fotografia dice: «La medaglia al valore ed alcuni degli oggetti trovati accanto alle spoglie»; si notano però (nel contributo fotografico in alto a destra) una “Karltruppen-Kreuz”, una decorazione data nel 1916 dal neo-Imperatore Karl a tutti i fanti rimasti al fronte per almeno tre mesi, dunque un’onorificenza sostanzialmente commemorativa. Sotto, al centro, è presente una medaglia rappresentante la Madonna con il Bambino, non Sant’Alfonso, come scritto.
Infine mi permetto di segnalare che il testo dell’articolo parla di «... due scellini del 1912, ...bottoni di chiara fattura teutonica... ed una fibbia del cinturone...», quando nel 1912 la moneta corrente nel composito impero asburgico era la Corona con i relativi centesimi; l’aggettivo “teutonico” sì riferisce a oggetti germanici, specialmente prussiani, e se la fibbia in questione è quella ritratta in fotografia, non può essere certamente da cinturone, bensì più probabilmente per la chiusura dello zaino, viste le dimensioni.
Sperando di essere stato utile, porgo distinti saluti.
Stefano Walpoth
Cortina d’Ampezzo (Bl)
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