RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Buon giorno
Leggo con stupore l’articolo sul fronte della Panarotta. Sembra impossibile di estinguere così la storia della “Rosebatterie” sulla Panarotta. Cari Signori: il capitano Rose non sapeva neanche dov’era la Panarotta! La sua batteria Nr. 102 era armata con nr. 4 obici 15cm/sfH 13, una mezza batteria stava sugli altipiani di Folgaria e Lavarone fra fine maggio 1915 e luglio 1915.
La batteria sulla Panarotta era la mezza batteria Nr. 101 in agosto 1915 rinominata in mezza batteria Nr. 104 facendo parte del 17° reggimento artiglieria appiedata della Thuringia / Germania, ed era armato con due cannoni 10,5cm / K14 di lunga gittata (con la granata B12 raggiungeva 13,2 Km). Il comandante della batteria era il capitano Lorenz Pieper, nato a Emmerich / Germania nell’1882.
Fonti: documenti del corpo alpino germanico 1915, archivio militare di Monaco, documenti archivio di guerra di Vienna, fondo 52 mezzabrigata di fanteria, diario originale della batteria del capitano Karl Franz Rose della famiglia Rose in Germania. Inoltre le lettere del cannoniere Peter Girnstein scritte dal Panarotta a casa in Germania.
Oltretutto la famiglia Rose è stata qui nel Trentino l’anno scorso e ha visitato le posizioni e spostamenti della batteria del nonno sull’altopiano, ospite del centro documentazione Luserna e dal sindaco di Luserna. Ha visitato per curiosità anche le posizione sulla Panarotta per rendersi conto “in personam” come in Italia viene falsificata la storia.
Inoltre con molto stupore potevo rendermi conto personalmente del “Disneyland” della storia creato sulla Panarotta, che con la verità ha poco o niente da vedere.
Cannoni del tipo 12cm/M80 erano sulla bassa (Weitjoch), sella di Busa Grande e sella di Vetriolo; tutte le tre batterie sono documentate con foto originali e documenti provenienti dall’archivio di Vienna. Sulla cima Panarotta stava una mezza batteria 9cm/M75/96 (2 pezzi). Dietro la linea Fravort fino al Kesseljoch c’era temporaneamente una batteria del corpo alpino germanico del reparto artiglieria campale Nr. 203, armato con 4 cannoni da montagna 76mm/FK11. Lo stesso reparto Nr. 203 aveva in posizione fra Panarotta, Spiz Esi e Semperspiz un plotone di lancia-mine 12cm. Per fortuna i falsificatori e altri cialtroni della storia che hanno lavorato in questa zona non sono riusciti ad identificare le posizioni cosicché sono rimaste originali come anche tutta la bella linea che va dalla Panarotta fino in fondo valle davanti a Levico, e la seconda linea che dalla Panarotta tramite Semperspitz e Busa Grande scende a Colle delle Benne.
Le unità tedesche furono ritirate fra agosto e settembre 1915.
Lo scherzo più grande che è stato fatto in queste zone sono le cosiddette baracche austriache, del tipo ANAS o baita tirolese. Mancano solo i vasi di gerani attaccati sotto le finestre. Foto e documenti originali mostrano che le baracche hanno persino l’inclinazione del tetto sbagliata, inoltre sono costruite nel posto errato. Incredibile che questi “incoscienti” non abbiano neanche studiato il vasto fondo del genio militare austriaco (fondo GMA) custodito nell’Archivio di Stato di Trento! Almeno così avrebbero potuto scoprire che tutte le linee in questa zona furono progettate dall’allora capitano Huetter del GMA di Trento. Nel fondo sono custoditi tutti i disegni, schizzi e lettere del capitano, compreso tutto il progetto della batteria corazzata di Busa Grande. Avrebbe avuto l’opportunità di andare in giro con delegazioni di scienziati, storici e alti ufficiali in questa zona che hanno ribattezzato come un bel campo d’addestramento per le truppe IFOR della NATO. Sulla Panarotta con tutte quelle posizioni sbagliate o inventate non sono per fortuna neanche riusciti a classificare i due osservatori con cupole corazzate, addirittura accanto all’appoggio di una cupola del tipo “tirolese vecchia” hanno messo un cartellone con la descrizione della “Rosebatterie”, senza identificare l’ingresso sotterraneo alla cupola ecc... La barzelletta gira fino ad oggi negli uffici dei ricercatori!
Per quanto spetta ai battaglioni degli Standschützen e ai giovani volontari austriaci di questa zona, le sanguinose storielle raccontate sul vostro sito si riferiscono alle poche scaramucce fra pattuglie italiane e austriache. La lenta e titubante avanzata della 15ª divisione fanteria italiana culminava in data 16 aprile 1916 in un deciso contrattacco da reparti della 18ª divisione fanteria eseguita da reparti della 1ª e 13ª brigata da montagna che respingeva gli italiani decisamente fino al Salubio ed a ovest di Borgo.
Il volume dello stato maggiore austriaco annota esplicitamente che gli Standschützen e i volontari non hanno partecipato all’attacco ma sono rimasti nella linea principale.
Inoltre vi consiglio vivamente di leggere le note del colonnello Necchi (Innsbruck e Borgo) e il diario della 52ª mezza brigata del colonnello Kreschel responsabile per la zona dall’aprile 1915 fino al febbraio 1916, quando la brigata fu sciolta ed assorbita in parte nella 18ª divisione e nella 181ª brigata fanteria responsabile per la difesa del settore di confine Nr. 6-Vezzena, Monte Persico, Monte Carbonile, Novaledo zona Levico come retrovia.
Dal febbraio all’aprile 1916 i contingenti degli Standschützen e dei volontari furono messi sotto il comando della 181ª brigata di fanteria che si trovavano dall’altra parte della Valsugana
in fondovalle a Santa Giuliana e sul Monte Persico come riserva.
Avendo scritto solo questi pochi cenni in una mail vi consiglio vivamente di rivedere le vostre pagine sul web, rettificare la storia per riacquistare un po’ di credibilità.
Con cordiali saluti da Trento,
Ing e storico Volker Jeschkeit *
* collaboratore dei archivi di stato di Vienna, Monaco, Royal archive Londra, Sigmaringen (fondo archivistico corpo alpino germanico), archivio federale
di Coblenza/Germania, archivio di Stato di Innsbruck,
archivio militare di Budapest e archivio militare di Praga e altri archivi.
pubblicazioni
Approfondimenti
Appostati nelle caverne
PDF, 452kb - (da L’Adige del 30 luglio 2011)
Celva e Marzola: fortezze di Trento
JPG, 177kb - (da L’Adige del 3 giugno 2011)
L’articolo pubblicato su Doss Trent a cui fa riferimento Volker Jeschkeit
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