In Tirolo nel 1809 tutti i giovani, e non solo i giovani, erano a fianco di Andreas Hofer, per combattere contro i Francesi, invasori, e difendere il diritto naturale della loro Patria a essere e restare libera e indipendente.
Tra i combattenti volontari, il ventiduenne Pietro Mayer. Quando i Francesi si resero padroni della regione, anche il Mayer cadde nelle loro mani. Allora, essendo conosciuto e stimato da tutti quale persona onesta e bravo lavoratore, molti, anche persone autorevoli, s’interposero per salvargli la vita. Tra essi, persino la moglie d’un generale francese. I Francesi gli offrirono, dunque, la possibilità di salvarsi. Sarebbe bastata una sua dichiarazione, per iscritto e a sua discolpa, che non era al corrente della pace conclusa tra l’Austria e la Francia e neppure del divieto di portar armi.
Ma quell’eroico tirolese, nonostante le lacrime della moglie e dei parenti, non volle salvare la vita perdendo, d’altra parte, la rettitudine nella parola, infrangendo il valore della sincerità e della lealtà verso i compagni e i compatrioti. Rispose, perciò: «La verità mi è più cara della vita!».
Venne quindi fucilato. Era il 1º marzo del 1810. A Bolzano.
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