Nato nel 1933 a Martincelli (Grigno, TN)
Intervista effettuata in Valsugana orientale
nel corso di una ricognizione alla ricerca
del vecchio confine fra regno d’Italia
e impero austro-ungarico, il 17 agosto 1999
Il vecchio confine sarebbe stata un’osteria... adesso non si vede più niente...
Ma non è rimasto neanche un cippo?
«Ce n’è uno, se lo vuol vedere, deve andare vicino al depuratore, a Pianello, Pianello di sotto per la precisione, verso la ferrovia e il Brenta; poi ce ne sarebbe un altro nell’orto di mio cugino.
Le montagne che sono qui sopra, sono di Cima Campo, quella con il forte, mentre oltre il Brenta c’è il forte Isser [Lisser].
Durante la prima guerra mondiale gli abitanti di Martincelli sono stati tutti a Napoli, e quando sono tornati a casa vedevano sopra di loro le stelle, perché non c’era né tetto né niente, come quelli del Kossóvo adesso. I muri però erano in piedi. Le campagne erano piene di baracche, bombe e roba di guerra, e basta. Questo me lo diceva mio papà, Dell’Agnolo Giovanni, che aveva lo stesso nome mio.
Italiani, ciapài col s’ciòpo, così ci consideravamo noi, dopo la prima guerra.
I gendarmi, appena finita la guerra chiedevano ai nostri vecchi: «Allora come state? State meglio adesso o sotto l’Austria» e loro dicevano: «Ma sotto l’Austria, sacramento!».».
Mi ripete una canzone che aveva sentito dai suoi.
È morto o general Cavaglia
per conquistar u Trentina, tutto sassa...
Ma tanto bene stavate sotto l’Austria... e poi vi toccava lo stesso emigrare?
«Ma, forse c’era più disciplina. Dicevano che c’era un gendarme a Borgo e che lui da solo sorvegliava tutta la Valsugana. Uno solo. Adesso invece ad ogni paese c’è una caserma, e ancora...».
Vado a fotografare il cippo di confine. Si trova giusto di fronte al cancello d’ingresso del depuratore di Pianello di sotto...
Ringraziamo Camillo Pavan che ha raccolto questa intervista e ci ha concesso la sua pubblicazione. Per la versione integrale e le altre interviste vi invitiamo a consultare il sito e il blog dello scrittore.
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