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Storie

Sulle tracce dei vecchi confini

Benito G.

Martincelli, frazione di Grigno (TN), ex confine italo-austriaco (ora fra Veneto e Trentino).

Intervista effettuata in Valsugana orientale
nel corso di una ricognizione alla ricerca
del vecchio confine fra regno d’Italia
e impero austro-ungarico, il 17 agosto 1999

Mi mostra le montagne che circondano la sua casa (sulla riva sinistra del Brenta) e sono tutte bucate. Loro chiamano i stòi.

«Li conosco tutti quei buchi là. Li avevano fatti i tedeschi. Le montagne sono tutte bucate, ci avevano messo i cannoni per sparare; sarà circa un centinaio di metri di dislivello sopra la strada. Là c’erano cannoni, mitraglie».

Mi porta dentro in casa, che è anche un piccolo agriturismo e mi mostra la foto di suo nonno che, come lui, si chiamava Benito e si è fatto dieci anni con l’esercito austro-ungarico.
Mi mostra la foto (cartolina) con la sbarra di confine, foto che è stata ripresa dall’Italia. La casa c’è ancora, ammodernata; non c’è più il “gabbiotto” (la garritta), perché è stato abbattuto per ben tre volte da Zorzi di Fastro (BL) quando passava di qua con i suoi camion rimorchio (...quando ancora non c’era la superstrada).
I padroni del bar che è rappresentato nella cartolina gestiscono ora il bar-albergo grande che c’è più avanti nella Valsugana verso Trento a San Giorgio (loc. di Tezze) e anche loro si chiamavano G.
Anche adesso lui chiama quelli di là del confine i taliàni...

«...mentre quelli di Bassano, quelli di là, ci chiamavano tedeschi, tedeschi ciapài col sciòpo nella guerra del ’14-’18»

Si stava meglio sotto l’Austria o sotto l’Italia, da quello che lei sentiva dire dai vecchi?

«I tedeschi erano più netti, più sinceri; magari si mangiava una patata, ma sinceri. Adesso abbiamo la mafia; i terroni, si fa per dire, non hanno mai lavorato. Con l’Austria invece c’era più sincerità, più tutto.».

Davanti alla casa ha un porta-fiori costituito da un tronco di pero alto circa 80 cm e di 40 cm diametro, peri di San Giacomo, albero che era di un suo cugino e che avrà avuto un trecento anni di vita.

«Erano pere che venivano mature a giugno, i primi peri. Facevano anche la sagra dei peri, per l’occasione, una volta».

Di quel tronco è ora pentito di averlo tagliato così basso, lui e suo cugino, che ha utilizzato la propria parte per far legno da bruciare. Gli sarebbe piaciuto di più farne una statua, qualcosa di bello, ma ormai...

«I tedeschi hanno perso la guerra dopo Caporetto, a causa di un tradimento. Sono venuti giù che avevano fame (l’ho sentito dire anch’io eh!) e hanno trovato da mangiare e bere, si sono ubriacati. E poi sul ponte...
Se non ci fosse stato questo tradimento i tedeschi avrebbero mandato gli italiani fino giù sul mare. Oh il tedesco! Non è mica come l’italiano! Il tedesco come guerre è fantastico, loro vanno avanti sempre con la disciplina, mentre l’italiano se ne frega».


Ringraziamo Camillo Pavan che ha raccolto questa intervista e ci ha concesso la sua pubblicazione. Per la versione integrale e le altre interviste vi invitiamo a consultare link il sito e link il blog dello scrittore.
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