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Storie

Sulle tracce dei vecchi confini

Guerrino Fattore

Nato il 10 dicembre 1914 a Belvedere di Tezze Valsugana.

Intervista effettuata in Valsugana orientale
nel corso di una ricognizione alla ricerca
del vecchio confine fra regno d’Italia
e impero austro-ungarico, il 17 agosto 1999

«Mi ricordo tutto quanto. Sono stato anche profugo ad Altavilla, in provincia di Avellino, da subito, appena iniziata la guerra.
Qua durante la guerra cadevano altro che bombe! Eravamo sotto l’Ortigara... lo vede, è là, quello che si vede là [verso sera]...
Quando siamo tornati indietro da profughi abbiamo trovato il paese tutto rotto, tuto spacà.
Il confine, da qua, è a quattro anche cinque chilometri verso giù, a Martincelli, ma ormai sul confine non c’è più nulla.
Mio padre, quando è scoppiata la guerra con l’Italia, era in Russia, perché noi si era austriaci, e allora, da diciotto anni in su erano tutti in Russia.
Mio padre è stato ferito e poi ha avuto la grazia di venir a casa».

Fattore travasa del vino da una damigiana a una caraffa:

«È mio!»

E che vino è?

«Bacó!, ha pochi gradi, solo nove; e non ha neppure bisogno di trattamenti. È bacó con grinto...».

«Finita la guerra quando i tedeschi in ritirata sono andati fino al Brennero, sono arrivati di nuovo i taliani.
[All’inizio della guerra] gli italiani, hanno preso gli abitanti di tutti questi paesetti e li hanno sparsi per l’Italia.
La mia famiglia, io e mia mamma, un’altra sorella, del ’12 (Antonietta Fattore). Mia mamma invece si chiamava Maddalena Dell’Angelo in Fattore. La nostra famiglia l’hanno portata ad Altavilla in provincia di Avellino. Ci hanno portati direttamente laggiù con il treno merci, partendo qua dalla nostra stazione di Tezze (Ae Tése) cargài su come le bèstie, nei vagoni bestiame e con un sacchetto... come ha fatto Hitler con gli ebrei». [...]

«Ad Altavilla siamo rimasti finché è finita la guerra. Io ero piccolo mentre mia mamma, mio nonno e mia zia aiutavano la famiglia presso cui erano ospitati.
Dove abitava la nostra famiglia i padroni avevano una link fabbrica di zolfo... e là siamo rimasti finché è finita la guerra.
Poi siamo ritornati indietro e abbiamo trovato tutto spaccato, tutto aperto. Non abbiamo trovato più niente. C’erano stati i bombardamenti [...] qua sopra sull’Ortigara, e non abbiamo preso gnanca cinque schèi di contributi... E quando mio padre è tornato dalla guerra in Russia (erano tre fratelli), in Galizia, Russia, neanche uno morto, ma con varie ferite...
Abbiamo trovato tutto rotto e non abbiamo neanche potuto dire niente. C’erano solo i muri...».

Si stava meglio sotto l’Austria o sotto l’Italia?

«Beh, insomma, in tutti i modi si stava più bene sotto l’Austria. C’era da mangiare e da bere, e dopo quando è finita la guerra non si stava più bene, e basta.
I nostri vecchi andavano a lavorare in Austria, a Innsbruck».

«Noi chiamavamo quelli di Primolano “italiani” e loro ci chiamavano “tedeschi”, “austriaci”; insomma in tutti i modi noi si voleva più bene alla nostra patria.
Come tu adesso che hai una casa tua, hai più caro andare in un’altra famiglia o stare in casa tua?
Il 10 dicembre compio 85 anni...».

Colonna di automezzi da Feltre

Colonna di automezzi militari da Feltre, novembre 1916
(foto collezione Giuseppe Maerjld)


Ringraziamo Camillo Pavan che ha raccolto questa intervista e ci ha concesso la sua pubblicazione. Per la versione integrale e le altre interviste vi invitiamo a consultare link il sito e link il blog dello scrittore.
link Le altre interviste da Primiero e Valsugana

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